Alcuni anni fa, qualcuno di noto, il cui nome non lo è per me, aveva lasciato che una scimmia decidesse a caso su quali titoli investire. Era, ovviamente, una provocazione che, però, aveva dato gli stessi risultati in termini di profitto, delle agenzie di trading più blasonate. Il parallelo sembrerà oltraggioso agli occhi di mia madre, centratissimo a quelli dei miei detrattori, miope agli occhiali di Buffett ma questo mio desiderio d’essere quella scimmia, ma con una macchina al collo, a pescare nel caso l’attimo prima di un sorriso, quello immediatamente dopo uno starnuto, o il male del fuoco, il bene di un bacio, il bruco di un pensiero, le ossa di un pasto veloce, ecco, tutta questa bellezza del caso, mi fa credere che quella scimmia, quella di Wall Street, abbia investito su di me, a mia insaputa, sapendo che avrebbe fatto profitto. Perché chi conosce la propria natura, non può sbagliare la mira, perché punta sempre, anche nel caso, verso sé stesso.